lunedì 26 gennaio 2009

L'INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA.......





CONCLUSIONI


Gli studiosi Petroni e Dormio nella più recente opera collettiva sulla storia della chimica in Italia (del 2006), citata nelle fonti, sottolineano il "fenomeno del tutto straordinario che in particolare nell'ultimo decennio del secolo scorso, ha investito il sistema industriale italiano e che è consistito nella liquidazione, avvenuta in pochissimi anni, della maggior parte della struttura produttiva chimica del Paese. La straordinarietà dell'evento va identificata nella circostanza che in nessun altro dei paesi europei ed extraeuropei ad elevata intensità di industrializzazione, si è registrato un simile abbandono"
La tesi sostenuta dagli autori è che prima della nascita di Montedison fossero già presenti i germi della malattia che porterà poi alla scomparsa di questa grande impresa.
L'Italia sotto la spinta della ricostruzione e poi del boom economico "riesce a dotarsi di un apparato industriale chimico molto rilevante nel quale tuttavia prevalgono le produzioni di origine petrolchimica". Questo viene considerato un elemento di squilibrio rispetto ad altri paesi europei, insieme alla scarsa presenza a livello internazionale dell'industria chimica italiana.
Nei venti anni successivi alla seconda guerra mondiale la Montecatini fa una "politica autarchica" rifiutando offerte di collaborazione e scambi con altre grandi imprese internazionali per evitare concorrenza e basandosi sulla sua posizione di predominio. Questa chiusura la mette però in una situazione di isolamento facendole perdere terreno.
Un ulteriore elemento di debolezza è stato la presenza di differenti culture aziendali in Edison e Montecatini (cfr. anche l'opera curata da Amatori e Bezza, del 1990, citata nelle fonti) e la loro mancata integrazione.
Troppe risorse finanziarie verranno assorbite da impianti petrolchimici onerosi e il prevalere della "cultura degli ingegneri" rispetto alla "cultura dei chimici" contribuisce alla propensione ai grandi impianti. Oltre ai problemi già elencati, dal periodo in cui Cefis, a capo dell'ENI, scala la Montedison, ci sono pesanti ingerenze da parte della politica: la logica dei grandi poli petrolchimici è incoraggiati dalla classe politica, per cui vi sono, oltre ai poli Montedison, analoghi poli Anic e Sir. Tutto ciò comporta una polarizzazione degli investimenti in questa logica erronea (non suffragata da adeguate indagini di mercato).
La pressione dei debiti comporterà infine il taglio di progetti promettenti o il loro mancato sviluppo
"Si sarebbero dovuti attendere ancora trenta anni per vedere valorizzate alcune competenze esistenti presso i laboratori di ricerca e le ex-fabbriche Montedison allorché in qualche modo si sarebbe recuperata la cultura della sintesi chimica". Gli autori citano alcune realtà che hanno portato a compimento queste interessanti innovazioni tra cui Novamont, Isagro e altre.
Avviene che interessanti nuovi prodotti sviluppati per esempio dal Donegani non abbiano poi avuto una fase di industrializzazione. La qualità di queste conoscenze science-based è attestata dagli sviluppi successivi. Ancora una volta sono citate Novamont e Isagro.

F. Amatori contribuisce all'opera del 2006 sulla storia della chimica in Italia solo con un breve intervento. Egli è però uno dei curatori dell'opera più completa scritta finora sulla storia della Montecatini fino al 1966. Incentra quindi il suo intervento sulla Montecatini. Questa azienda ha fatto dell'Italia un polo chimico all'altezza degli altri paesi europei ma non ha saputo, dopo il periodo fascista, che le aveva fornito condizioni particolarmente favorevoli, affrontare fino in fondo la nuova situazione mondiale. Osserva in modo critico che la Montecatini, ai tempi in cui grazie alla collaborazione con Natta brevettava il polipropilene, estraeva ancora lignite da Ribolla. Come considerazione finale, rileva come un fatto positivo che in Italia siano rimaste le medie imprese chimiche, che spesso sono eredi del know how della Montecatini e ne rappresentano in qualche modo una continuazione.

Questa valutazione non è però condivisa da L. Gallino, autore di La scomparsa dell'Italia industriale (2003), il quale, utilizzando l'argomento secondo cui le medie imprese chimiche derivano dal patrimonio di conoscenze accumulate dalla Montecatini, osserva che queste imprese non avranno però la dimensione per fare ricerca in modo adeguato e quindi il fenomeno positivo di una classe di chimici formati alla ricerca non si ripeterà per le generazioni a venire. Questa visione concorda con quanto abbiamo appreso nel corso di alcune delle nostre interviste, quella al dr. Gambetti, per esempio, che ricorda positivamente sia la sua esperienza di ricercatore al Donegani e il clima fecondo che vi regnava sia in generale la ricchezza professionale della sua esperienza alla Montedison con tutti i settori in cui era possibile mettersi alla prova. Il parere negativo del prof. Gallino può ai nostri occhi essere parzialmente temperato dalle informazioni da noi raccolte sulla Novamont che attestano essere questa una realtà che valorizza la massimo la ricerca, al punto da consacrarle una parte significativa del suo budget.
Cavallone, un altro degli autori che contribuisce all'opera del 2006 con un saggio dal titolo La deriva della grande chimica in Italia e il declino dell'industria nazionale, cita come una condizione negativa per la storia dell'industria chimica italiana, il prevalere della concezione finanziaria sugli interessi specificamente produttivi.
Una tesi in parte simile è stata proposta per la prima volta da Scalfari e Turani. Questi due giornalisti sono gli autori del famoso libro Razza padrona, che è stato scritto mentre gli eventi erano in corso, quando Cefis (che Cavallone presenta piuttosto negativamente) è ancora saldamente ai vertici della Montedison. La loro interpretazione degli eventi è che manager come Cefis che non provengono dal mondo industriale ma da quello politico, ambiscano soprattutto al potere e considerino l'attività economica come uno strumento per ottenerlo.
Scalfari e Turani, nel loro lavoro, caratterizzano nel modo seguente la mentalità di questo tipo:


a differenza del capitalismo che "considera la politica come uno dei tanti strumenti e delle tante variabili da mettere al servizio dell'obiettivo unico, che rimane quello del profitto […] viceversa le forze delle quali Cefis è l'espressione non hanno il profitto come obiettivo (e quando qui si parla di profitto s'indica la categoria economica, non le ricchezze individuali, all'appropriazione delle quali la nuova razza padrona tende in modi ancor più avida dell'antica) per la semplice ragione che non sono forze "proprietarie". Esse hanno come obiettivo il potere. E il potere e il suo esercizio sono anzitutto un fatto politico, per realizzare pienamente il quale la struttura industriale e l'attività economica in genere rappresentano una variabile dipendente. Ecco il punto che fa irrimediabilmente diversi i due mondi di Agnelli e di Cefis."


Nell'opera da cui abbiamo tratto questa citazione è presente un'analisi più articolata di quella proposta da Cavallone, ma le conclusioni convergono. Cavallone inoltre cita Gallino, La scomparsa dell'Italia industriale, in cui si trova una valutazione sostanzialmente analoga a quella di Turani e Scalfari, che evidenzia gli stessi aspetti negativi da questi evidenziati (predominio dell'aspetto finanziario e particolari caratteristiche del management). Luciano Gallino si è occupato anche di globalizzazione, definendola come il predominio dell'aspetto finanziario dell'attività economica rispetto a quello produttivo e ciò su scala mondiale. Egli la considera come un fenomeno pericoloso e che dovrebbe essere attentamente governato. A proposito della chimica italiana, Gallino osserva che tutte le vicende societarie che coinvolgono la Montecatini dal 1966 in poi sono dettate dalla ferma volontà di evitare la concorrenza, accordandosi altrimenti. L'autore nota con amara ironia quanto questo modo di comportarsi sia contrario alle regole formalmente riconosciute del capitalismo. Osserva inoltre che le fusioni spesso non raggiungono i risultati sperati quando si tratta di far convivere tra loro mentalità troppo diverse.




Fonti

Amatori F., Intervento in Pizzorni G. J. (a cura di), L'industria chimica italiana nel novecento, Milano, Franco Angeli, 2006
Cavallone S., La deriva della grande chimica in Italia e il declino dell'industria nazionale, in in Pizzorni G. J. (a cura di), L'industria chimica italiana nel novecento, Milano, Franco Angeli, 2006
Gallino L., La scomparsa dell'Italia industriale, Torino, Einaudi, 2003,
Petroni G., Dormio I., Il "lungo addio" dell'industria chimica italiana, in in Pizzorni G. J. (a cura di), L'industria chimica italiana nel novecento, Milano, Franco Angeli, 2006
Scalfari E., Turani G., Razza padrona, Milano, Feltrinelli,1974